147° A.U.C.

9/4/1992 - 9/9/1992

 

 

 

Elenco originale ed ufficiale del 147° AUC

 

 

 

 

 

Dal Numero Unico del 147°

L’IDENTI-TIC

Miti e manie dello specializzato tipo

 

IL FUCILIERE

Assaltatore, infaticabile, insostituibile padrone delle nude rocce e dei perenni ghiacciai, fonda il suo lavoro in continui sbalzi, alla ricerca di un appiglio tattico che consenta la difesa dall’osservazione degli ufficiali e permetta così la possibilità di una "dolce siesta".

Glorificato come "Re della Battaglia", ridicolizzato come "Ducetto della Notte", sopporta sforzi fisici di qualunque durata, mentre non sa reggere ad uno sforzo mentale oltre i due minuti. Sicuramente è il più soggetto alle piste, soprattutto quelle ardentemente volute dalla perversione del suo capo plotone.

 

L’ESPLORATORE

Scia, arrampica, corre, si inerpica, si issa, quando si muove i suoi moschettoni provocano un assordante rumore di ferraglia: chi è? Un guerriero medioevale? Da Dea Kalì? No, è l’esploratore, l’allievo factotum-multiruolo.

Esemplare raro e prezioso al tempo stesso, viene aspramente conteso dagli ufficiali superiori per eseguire tutti i lavori più massacranti: sbalzi in alta quota, preparazione all’arrampicata, scorta ai Generali e non ultimo Giuramento dei figli. Ma loro sono contenti così. Tanto, se in settimana la pista è stata poca, l’arrampicata domenicale non gliela toglie nessuno.

 

L’ALPINO D’ARRESTO

Ormai non basta più neanche il WWF per salvarlo dall’estinzione, è più raro della foca monaca. Nessuno sa cosa faccia veramente, neanche lui: scavare trincee, costruire fortini, battere sentieri... o ritapezzare l’ufficio del Maggiore ?

 

IL FUCILIERE BAR

Età 23-28 anni, laurea o quasi, fa quando deve fare, se può non fare non fa. Banfa di essere l’intellettuale della Compagnia, in realtà fin dal primo giorno applica tre sopraffine arti: la frequentazione dei locali (da cui il nome), la buona cucina, e soprattutto la difficile arte dell’imboscamento. Tanto ai BAR troverà presto il modo di far fare tutto ai caporali

 

IL TRASMETTITORE

"Interrogativo su come mi sentite, passo!"
"Forte e chiaro, passo!"
"Interrogativo su quando mi vedete, passo!"
"Mai, fine!".

In effetti, tra ricetrasmittenti, radio e TV il suo divertimento è quello di far imbestialire ufficiali ed allievi, fornendo alle uscite materiali non funzionanti. Abile venditore di fumo, riesce sempre ad imboscarsi nella tenda TX quando gli altri sbalzano, e a far apparire faticoso e difficilissimo ciò che apparentemente è banale.

 

IL MORTAISTA

Più che applicare il proprio ingegno il mortaista deve farsi due s-palle ed un fondoschiena da muli (ahi! perché non ci sono più? ) per riuscire a portare i pesi dei pezzi dell’arma in dotazione. Il bastino modello tortura medioevale è un ottimo aiuto per infliggere al povero malcapitato ammaccature, ematomi, ferite varie e la caratteristica andatura a pecora a 90° (specie quando si rompe la cinghia).

E’ invidiato dal resto della compagnia per le grandi possibilità di imboscamento che gli vengono offerte e che riesce a procurarsi, e soprattutto, per le possibilità di occultare nella bocca da fuoco i viveri supplementari.

Appena giunto a casa dalla licenza, si precipita in bagno, apre i rubinetti della vasca, vi getta abbondanti dosi di bagnoschiuma gridando: "Bolla, bolla, bolla .... c’è!".

 

IL CONTROCARRO

Al controcarro vengono trasmesse per via genetica (dal Comandante di plotone), 3 caratteristiche fondamentali: l’impellente desiderio di massiccità, una generosa propensione allo spirito di corpo ed una leggerissima attitudine al banfeggio. Il C/C si fa a ragione bello agli occhi degli altri perché, messo in pensione il vecchio cannone da 106, usa le armi più moderne: vuoi mettere sparare con il Tow od il Milan al posto del caro vecchio Fal? E poi, bello sbalzare per Pollein con le AR, mentre gli altri corrono e strisciano in mezzo alla polvere (basta stare attenti a non finire nelle voragini dei mortai...).

 

Stefano Berton
Matteo Mezzalira
Matteo Nosenzo
Andrea Zonta
147° A.U.C.

 

 

 

 

 

 

Dal Numero Unico del 147°

 

LINGUAGGIO E METALINGUAGGIO SMALP

PROBLEMI DI RETORICA

 

Esiste, presso il Btg AUC, una forma linguistica altamente specifica ed articolata a carattere analogico - ora solo mimica, ora vocale senza senso proprio, ora vocale con senso proprio - cui si accede solo al giorno dell’incorporazione, quando il significato immediato delle parole viene meno e la situazione pare connotabile solo per anafora:



per me si va nella città dolente,

per me si va nell’eterno dolore,

per me si va tra la perduta gente (Dante).

 

Il Sig. S.Ten. De Monte esprime ai massimi livelli la prima delle tre classi linguistiche, della quale riportiamo alcuni esempi.

All’allievo didascalico ed importuno con domande al limite dell’idiozia, il Sig. S.Ten. De Monte risponde boccheggiando con le guance e sporgendo armonicamente le labbra, a significare l’acume di triglia dell’AUC suddetto. Nel caso lo stesso si macchi di infamia passibile di punizione e sia impossibile comunicargli a voce l’imminente "trombatura", con mimica inequivocabile il Sig. S.Ten. De Monte, alzando al cielo il pugno chiuso e muovendolo ripetutamente dal basso verso l’alto, dall’indietro verso l’avanti, lo aggiorna sul suo nuovo stato di "punendo". In questo caso il gesto allude al concetto (di stare a rapporto) e ci fornisce un bell’esempio di simbolo ed in generale di situazione metonimica

La seconda classe, diversificata e molteplice, è tipica degli allievi colti da panico e la cui momentanea incapacità a connettere li porta a mugolare suoni privi di senso, ma ben indicanti la frattura mentale dello sfortunato. Di questa classe linguistica la casistica non viene riportata per l’estrema accidentalità ed idiosincraticità della "terminologia", ma è sempre possibile chiedere all’AUC Arcali un breve saggio. Questa interessante classe costituisce un’eccezione nel panorama linguistico SMALP poiché alle sue sofisticate figure retoriche si sovrappone la momentanea incapacità di utilizzare le potenzialità semantiche della lingua madre, con una regressione intellettuale a stadi prelinguistici, tanto infantili quanto primitivi.

L’ultima classe si compone sia di singole parole quanto di proposizioni brevi spesso incomplete. Esempi della prima categoria, qui in ordine sparso, sono:

Idrominchia / minchio / stordito / mediostordito: eufemismi ironici designanti lo stato normale medio degli allievi, e non c’è altro da aggiungere.

Cicillo Cacace: nella mitologia SMALP è il nome simbolo dell’allievo mediostordito, ma le vere minchie, tra gli AUC, credono esista veramente e non riescono a capire in che plotone sia.

Azionarsi: verbo riflessivo indicante la necessità di svegliarsi e darsi da fare; normalmente azionarsi significa, eufemisticamente, farsi una soverchia pista nera.

Pista / pista nera: non è la classificazione della pista da sci difficile, ma la qualifica della normalità per gli AUC. Ovvero, è perfettamente normale che ogni istante della scuola abbia effetto paranoicizzante sull’allievo. Il termine pista, accompagnato o meno dall’aggettivazione, definisce così, per via universale, ogni possibile ordine del giorno affisso in bacheca, che quindi potrebbe essere sostituito, con sollievo dell’UdS con la polivalente frasetta "oggi vi facciamo un pacco grande come una casa". Originariamente l’espressione nasce dalla semplice assimilazione tra la difficoltà della pista da sci nera e la difficile vita degli AUC, ma ora la similitudine ha acquisito un tale spessore espressivo da divenire la miglior figura allusiva della triste condizione dell’AUC.

Punigono: chiarissimo sintomo della condizione mentale degli AUC. E’ noto come gli schizofrenici usino fondere le parole per ottenerne di nuove. Ugualmente gli AUC, la cui disassociazione mentale, soprattutto se figli, è analoga. La parola risulta dalla fusione per via associativa di poligono e punizione in quanto nella realtà esiste un innegabile nesso causale tra essere al poligono e venire puniti. Possiamo ricostruire la catena associativa nel modo seguente. L’allievo, o minchia fritta, al poligono trova lungo (vedi sotto) aggiungendosi, alla sua connaturata confusionalità, quella simile delle procedure di tiro. Ne risultano delle minchiate immani dalle quali seguono per necessità interna, "svalangate" di punizioni, che come ben sappiamo "preesistono".

Paraculo: attributo necessario alla sopravvivenza dignitosa presso la SMALP. Da qui: paracularsi, ossia reperire l’attributo prima di venir "trombati", e paraculato, cioè l’allievo in possesso di paraculo. Dei paraculi esiste un mercato organizzato algebricamente. E’ interessante l’affinità semantica e retorica con la perifrasi dantesca, degli asserti inerenti all’azione dei paraculi ed al concetto stesso di paraculo:



la gloria di colui che tutto move (Dante)



E troviamo nella seconda categoria frasi e parti di esse ormai elette a forme significanti a sé stanti. E’ il trionfo dell’allegoria, della preterizione, della litote:

Ma è impazzito? (due o più volte, anche nella versione plurale): interessante questione che sottende a priori la giusta risposta (cioè: "Sì, lei è proprio impazzito"), rivolta dallo S.Ten. all’allievo protagonista di particolari "minchiate"; ad esempio all’allievo che in preadunata si presenta con un panino rubacchiato in mensa infilato nella tasca inferiore dell’SCBT. Alla domanda "cosa cazzo ha nella tasca della mimetica?" risponde ridendo, ma non c’era un cazzo da ridere, "una pagnottella". Col che abbiamo anche un esempio del lessico desueto cui, nella disperazione, gli AUC ricorrono.

Lei è orrendo: qualificazione univoca, e di solito poco smentibile, dell’allievo mediostordito, le cui formalità e marzialità sono quelle di un naufrago alla deriva da due o tre mesi.

Mi scivola: affermazione lapidaria in superficie ma fragile ed illusoria nella profondità. La usa l’AUC che vuole convincersi d’essere più forte degli eventi, volendo significare con essa che gli eventi non lo tangono. E’ un bel caso di litote affermativa, cioè rovesciata, poiché anziché attenuare un’affermazione attraverso la sua negazione, dicendo il contrario di ciò che si vuol dire, si dice il contrario di ciò che si pensa (che non passa un cazzo), cioè che sta passando. La verità della situazione è offerta dall’affermazione di cui sotto.

Passa un cazzo (cfr. anche il modulo PUC): bella e complessa espressione della percezione del tempo propria degli AUC, in quanto indice sia della semplice modalità percettiva del trascorrere delle ore, che appunto non trascorrono o trascorrono poco, sia del modo stesso del loro lento scorrere, scarseggiando la vaselina. Il modulo PUC (passa un cazzo) viene giornalmente ritirato dagli AUC, ed è per questo che:

Non c’è un cazzo da ridere: ovvero, è del tutto inutile sperare che sia diversamente, sono tutti cazzi vostri; o ancora, è inutile che ridiate per non piangere, cominciate da subito a strapparvi i capelli.

Fare qualcosa in tempo zero: altro interessante esempio della paradossale percezione temporale alla SMALP. Determinato un compito qualsiasi, imporre all’AUC l’attuazione dello stesso in tempo uguale a zero. Questo è possibile se si considera come il tempo alla SMALP non "passi un cazzo" e quindi si raccolga tutto in un singolo istante, in un unicum strutturalmente infinito ed eterno. Ugualmente, a conferma, il compito assegnato è sempre realizzabile poiché se il mondo è nel tempo e questo è risolto in un unicum infinito, allora tutto il mondo è sempre immediatamente presente ed ogni compito è sempre automaticamente realizzato. Purtuttavia, in tanta perfezione esiste una falla, la teodicea della scuola: la latitanza dei materiali. E’ la frustrazione del male: nella perfezione parmenidea della metafisica della SMALP si insinua angoscioso il mondo dei fenomeni che, come si sa, ora sono e ora no; e non c’è un cazzo da ridere. Nella perfezione della assoluta compresenza delle cose, nell’assoluta compossibilità di ordini di per sé opposti e contrari della SMALP, si insinua la smentita empirica, per cui l’essere stesso della scuola è minacciato dall’assenza, dall’impossibilità di essere ciò che è. Infatti, i materiali non ci sono mai. (*)

Vi state sbragando: espressione iperbolica usata dagli S.Ten. per richiamare gli allievi a maggior formalità. Direttamente proporzionale alla paranoia dei primi ed al numero di giorni di corso dei secondi.

Vi ficco dentro: l’indeterminatezza del concetto è ben compensata dalla puntualità degli effetti dell’esser ficcati dentro.

Si vergogni: imperativo categorico della coscienza dell’allievo macchiato di infamia e quindi automaticamente ficcato dentro. Stare vergognati significa invero stare ficcati dentro. Formula usualmente preceduta da una tra le seguenti:

Lei sta a rapporto / lei sta allegramente a rapporto / stia a rapporto e si vergogni: modi e forme diverse notificanti all’allievo tanto l’urgenza di vergognarsi quanto quella di assumere la nota forma a vaso o, nel caso di un allievo particolarmente reattivo, la dinamica posizione dell’ombrello. Riconosciamo una formula burocratica, la prima, una cordialmente ironica, la seconda, ed una terza dal forte impatto morale, spesso usata al punigono e spesso simpaticamente scandita col megafono a distanza zero dal volto dell’AUC.



Poi ci sono casi linguisticamente particolari riferiti a situazioni al limite del delirio, spesso collettivo, come nella frase: "vedere Goldrake e Mazinga Zeta baciarsi". Usuale visione dell’assaltatore al termine del trafilamento, che anziché le sagome designanti sul terreno il nemico, vede le cose più inconsuete e poi fa quelle più sbagliate.

E con quest’ultima evenienza linguistica chiudiamo il nostro breve ma avventuroso viaggio nella chora retorica della SMALP. Abbiamo insieme affrontato i meandri del parlar figurato, la potente dimensione metalinguistica del Btg AUC, ovvero la natura doppia del suo linguaggio, quel suo avere un linguaggio che parla di un altro linguaggio: infatti è proprio questo che accade alla SMALP. La realtà è sostituita dal discorso, e questo è rivisitato dal discorso retorico. Gli eventi vengono sostituiti dalle definizioni: essere allievi significa automaticamente essere idrominchie e questo a sua volta significa che non passa un cazzo, che ci si fa una maledetta pista nera, e così via, da una figura linguistica ad un’altra. La realtà sfuma finché le definizioni retoriche la sostituiscono, ed anche se il tempo passa, ugualmente non passa, se la pista non è nera ugualmente è nera, se scivola ugualmente si sottende che non sta per niente scivolando. Avevamo la realtà, un linguaggio, ora abbiamo un metalinguaggio: quando parliamo, parliamo del nostro linguaggio retorico, facciamo un discorso su un altro discorso.

Complicato? Non direi, anzi, più che complicato, furbo. Se tutto è parola, allora, esistendo sempre di una preposizione il suo contrario, tutto è vero nella stessa misura in cui è falso. Come diceva il filosofo Hume, tutto è illusione e domattina mi sveglio, a casa!

Andrea Bocchiola - 147° A.U.C.

 

 

(*) Nota del curatore.

L’autore dell’articolo, Andrea Bocchiola, arrivò alla SMALP fresco di studi classici e di una laurea in filosofia (manco a dirlo) nonché di una ferrea volontà di darsi alla psicanalisi. Tuttora ignoro se questo desiderio, già latente prima del suo soggiorno in Valle, sia stato rafforzato dall’esperienza del corso e del servizio, oppure se sia stato definitivamente spezzato dalle nude rocce e dai perenni ghiacciai.

Il giorno del giuramento da S.Ten. Andrea mi confidò che il paragrafo "tempo zero" celava la dimostrazione logica della non esistenza della SMALP. Ovvio che la maggior soddisfazione di Andrea non stava tanto nell’aver elaborato la dimostrazione stessa, quanto nel fatto di averla fatta passare sotto il naso a tutti gli alti papaveri SMALP cui venne fatto recapitare il numero unico, senza che nessuno se ne accorgesse.

Nell’attesa che questo sito riporti fedelmente le spiegazioni originali dell’autore, provo a ricostruire il sottile cursus dell’argomentazione, scusandomi fin d’ora della pochezza dei miei strumenti analitici.

La Scuola esiste come luogo in cui tutto il tempo è racchiuso in un unicum temporale nel contempo istantaneo ed infinito. E’ talmente perfetta che contiene in sé (sempre in un unico infinito istante) tutte le azioni ed i compiti ed il loro esatto contrario (per cui è possibile nello stesso tempo fare tutto ed il contrario di tutto, ossia eseguire ordine e contrordine). Nel momento però in cui la scuola (o meglio una sua parte, ossia l’AUC) si sta azionando per eseguire il tutto, essa si scontra con la realtà: l’oggetto reale necessario per la sua autorealizzazione (ossia il materiale) manca, e quindi la perfezione stessa della scuola va in frantumi non appena la scuola stessa è costretta a misurarsi col mondo reale. Ma ciò che, ad ogni confronto con il reale, cade, non può certo esistere nel mondo reale, bensì solo in quello illusorio. Per cui la SMALP stessa è illusoria, ossia la SMALP non esiste.

 

 

 

 

Provvedimenti disciplinari