Martino e le stelle

 

 

"E venne il momento della Becca di Nona, che con i suoi 3142 m. di roccia nera impolverata di neve si prestò a divenire oggetto di un'autentica impresa alpinistica per il modo con cui fu affrontata. Dopo una sveglia alle h. 4 del mattino ed una salita con zaino affardellato, la vetta venne raggiunta già a mezzogiorno; e la discesa d'altronde - compiuta dapprima con il sistema d'appoggio sull'alpenstock e poi, a partire da quota 1800 m., tutta di corsa fino ad Aosta - portò ad un rientro in caserma puntuale per il rancio della sera."

Così Raffaele Pansini descrive uno dei momenti più significativi vissuti ad Aosta presso quella che, nel 1941, era la Scuola Centrale Militare di Alpinismo. Chi lo ha conosciuto quale docente di Clinica Medica dell'Università di Ferrara , nei lunghi anni da lui trascorsi in cattedra e ha letto i suoi numerosi testi scientifici, proverà una certa meraviglia nell'apprendere che la sua ultima pubblicazione non concerne problemi di natura medica.

L'ultima fatica dell'illustre clinico ("MARTINO E LE STELLE - Storie di uomini e di penne d'aquila") uscita per i tipi delle Grafiche Zanini di Bologna) riguarda infatti il periodo trascorso dal giovane Pansini - in pace e in guerra - con il Cappello Alpino. Pochi infatti sanno che egli fu un valoroso ufficiale del Battaglione "Vestone" (lo stesso di Mario Rigoni Stern, noto autore de "Il sergente nella neve") durante la campagna di Russia.

Lungi dal risultare un grigio memoriale scritto con stile reducistico, il libro - che avvince e si legge tutto d'un fiato - dipinge a vivide tinte i primi anni Quaranta ed aiuta a comprendere, sulla base della vita vissuta, le speranze, le angosce, le disillusioni e i drammi di un'intera generazione. Nato dal desiderio di onorare la memoria di Martino Occhi , pluridecorato ufficiale del "Vestone" ricordato nel titolo dell'opera, il libro è stato scritto anche con la speranza di far comprendere, a giovani e meno giovani, il dramma di una generazione che, nei vari teatri di guerra, dopo vicissitudini d'ogni genere, seppe ritrovare se stessa ed impegnarsi a fondo - con i sopravvissuti - per la ricostruzione d'Italia, all'indomani del secondo conflitto mondiale.

Abbiamo chiesto al Prof. Pansini se l'esperienza compiuta sotto le armi sia stata una parentesi a sé stante. Questa la risposta: "Nel corso della mia vita accademica e professionale ho sempre tenuto accanto a me il mio Cappello Alpino con la penna nera e la nappina azzurra perché mi fossero di monito e di richiamo. Perché mi ricordassero quanto è precaria la nostra esistenza sulla terra e mi facessero pensare, nei momenti di dubbio o di difficoltà, alle prove affrontate e superate, oltre che agli esempi ricevuti. Posso dire, senza tema d'errore, che l'esperienza alpina ha segnato positivamente tutta la mia vita, aiutandomi ad essere, ancor prima che un medico, un uomo fra gli uomini".

 

Mario Gallotta
Gruppo Alpini di Ferrara